Ecco la nuova raccolta poetica di Renzia D’Incà dal titolo IO NON SONO IL MIO SINTOMO (collana Fuochi
diretta da Ottavio Rossani per I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
IL LUNGO CAMMINO DELLA
PASSIONE UMANA TRA SPERANZE E LACERAZIONI di OTTAVIO ROSSANI
Renzia D’Incà con Io non
sono il mio sintomo ha scritto una raccolta/specchio: una poesia dopo l’altra
si vede e si sente passare un’esperienza complessa, inattesa e sofferente, ma
anche sorprendente, drammatica, allegra, desiderata. Tuttavia, mentre l’autrice
si guarda, controlla, constata, non c’è certezza che l’apparenza sia sostanza.
Le parole affermano una verità, ma gli occhi e i suoni subito, insieme, la
mettono in dubbio, e in certi momenti la contestano. Le variazioni sono
inseguite, e mai risolutive. Sembra un gioco del dire e del dubitare, in realtà
è l’analisi dello scompenso tra realtà e finzione. L’Io si espone, e subito
dopo si nega. Sembrerebbe tutto semplice, ma il gioco diventa ossessione. La
ricerca della verità, che in fondo è l’obiettivo primario, risulta impossibile.
La verità c’è, ma non è identificabile nella trasposizione. Le direttrici sono
due : una esterna, evidente, l’altra parallela e sottostante, appena
percettibile ma invisibile. L’autrice sperimenta un doppio linguaggio: la linea
del sentimento è nello stesso tempo, in un percorso collaterale, anche la sua
negazione, inconsapevole, però sull’onda della volontà di conoscere
l’invisibile. 6 Ricchezza di metafore, similitudini, interrogativi, immagini
disvelatrici che subito affondano nell’inconoscibile. La lingua è seria,
sciolta, spontanea, ma non improvvisata. E accanto scorre una seconda visione
che vorrebbe sconvolgere gli equilibri espressivi. I temi sono molti, i momenti
sono folgorazioni dubitative, e quando invece sono determinative subito si
ammantano di una duplice ipotetica significanza. Un sottopensiero continuo
accompagna le visioni: il senso indeterminato di Ermete Trismegisto, segnalato
in esergo, con i “miracoli della realtà”, cioè il misterico mondo dei possibili.
Il racconto è multiplo: le direzioni talvolta si incrociano, ma altre volte
corrono parallele e si mimetizzano. Il tempo è indeterminato, le età si
rincorrono. La vecchiaia è in attesa di farsi scoprire, la natalità è incerta,
e la vita può anche essere arte. La speranza che nulla finisca è umiliata dal
vuoto che appare e sembra sconvolgere tutto nell’indifferenza. La malìa della
casa, nel rischio dispotico e nella necessità del sogno. I ricordi sono vita
contraddittoria. Versi storici appaiono agli occhi, senza risolvere alcunché.
Un certo fatalismo condiziona i desideri. Nella casa dominano i gatti. Il mondo
è un palcoscenico, ci sono protagonisti e comparse. E la morte è lì, presente,
ancora non attiva, ma agisce altrove. Uomini e donne non sanno convivere tra
cattiveria e ipocrisia. Il panorama dantesco aiuta o inquieta? Forse le bestie
sono come gli umani? Ma gli umani forse sono disumani (ricordiamo l’ironico 7
“peggior appiglio” del grande Boccaccio attribuito all’uomo che comunque può
vedere e scegliere sempre il possibile “meglio”?), e bisogna guardarsi da loro.
La natura è buona? Forse. Non è dimostrabile. Uccelli, corvi, e immigrati
clandestini. Stragi, Torri Gemelle. I mici aspettano, sensibili. E non
capiscono le persone inumane. Rabbia e passione. Le cicale sono sconce. Il
mondo presenta bagni di sangue. Paesaggi indomiti e duri (la Maremma è
centrale). ‘‘Ordinario furore” delle domande (a Dio?). Aggrapparsi al centro
del desiderio. Dove si può andare? C’è una chiave per volare? Si vive nel teatro
del malcontento. E all’improvviso il Covid che costringe a stare insieme (non
bene) in casa: e i morti sono gratis. Stranezze sì, ma umanità, prego.
Ascoltare De André. I controlli di polizia. Essere sposa “del proprio niente”.
L’inconscio imperversa. Difficile rivelare segreti. I corpi si espongono e
subiscono. Bisogna dare nome al dolore, “ai profughi alla porta”. Un nome alla
vita. Attenti, c’è sempre un invasore. Scendere dal cloud, incontrare il corpo,
e le città nel mondo, ma non su Facebook. Le radio spiegano, raccontano.
Ballare il valzer. Ricordare i lager. “Basta, guerriero”, riposati. Festival
del corpo. E viene la Parola: rivela qualcosa? Eden e redenzione, chi sa?. E
amore, fatto di parole, da inseguire. Rammentare Firenze, Vasari, Stendhal, Schubert.
Andare in orbita, e poi un “diverso amplesso”. Parole pesanti, parole di
amanti. Ci vuole lungimiranza. Melodia per una gatta. Alla fine del lungo
cammino c’è l’Oroboro, si può rinascere? Dunque, “ascoltare la parola
innamorata”. 8 Una scrittura coraggiosa. Multicolore e multistupore. Rime
baciate, assonanze continue, selezione delle parole che incantano o distolgono.
Un’attesa non sillabata, ma auspicata. Una felicità composta, leggera,
nascosta. Appare anche la malinconia, e la solitudine, e la follia umana che
insegue i valori e perde la strada. Un’ammonizione per un futuro migliore.
Qualcuno ascolterà, forse, la “parola innamorata”.
Renzia D’Incà
è nata a Belluno e vive a Pisa dove si è laureata. Giornalista dal 1985 ha
collaborato con quotidiani e riviste nazionali e come critico teatrale per
Hystrio, Rocca, Rumor(s)cena, Articolo21. È consulente in Teatro e
Comunicazione per enti pubblici e privati. Ha condotto ricerche universitarie
per la rivista Ariel e svolto tutoraggio di Master universitario di Teatro e
comunicazione teatrale per l’Università di Pisa. Ha pubblicato in poesia
Anabasi (Shakespeare & Company- Bologna, 1995) con prefazione di Ugo
Ronfani, L’altro sguardo (Baroni-Viareggio, 1998) con prefazione di Dino
Carlesi, Camera ottica (ivi, 2002) con prefazione di Mariella Bettarini, Il
Basilisco (Edizioni del Leone - Castelfranco Veneto, 2006) con postfazione di
Luigi Blasucci, L’Assenza (Manni-Lecce, 2010) con prefazione di Concetta
D’Angeli, Bambina con draghi (LCE-Castelfranco Veneto, 2013) con prefazione di
Paolo Ruffilli. È inserita nella rivista Italian Poetry della Columbia
University. Come saggista teatrale ha pubblicato il volume collettaneo Il
teatro del cielo (Premio Fabbri 1997), Il gioco del sintomo (Pacini-Fazzi,
Lucca, 2002) su un’esperienza di teatro e disagio mentale, La città del teatro
e dell’immaginario contemporaneo (Titivillus Corazzano, 2009), Il Teatro del
dolore (ivi, 2012). Come autrice teatrale sono stati rappresentati Ars
amandi-ingannate chi vi inganna (regia di Alessandro Garzella), e Passio Mariae
(regia di Paola Marcone) con video di Giacomo Verde.
I Quaderni del Bardo
FUOCHI , Collana
diretta da Ottavio Rossani
In copertina: Ottavio
Rossani
Rifrangenza,
2010, acrilico su tela, cm. 50x40
Info link nella sezione blog del sito della casa editrice
https://www.quadernidelbardoedizionilecce.it/
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