domenica 23 agosto 2020

L’inquinamento responsabile di oltre il 70% dei decessi da Covid-19 in Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un nuovo studio rivela, con altissima affidabilità grazie all’intelligenza artificiale, come la prolungata esposizione all’inquinamento atmosferico (soprattutto da polveri sottili) abbia contribuito alla mortalità e alle infezioni da Sars-CoV-2 in Italia.

Lo studio, diffuso dal sito «Villaggio Globale» (www.vglobale.it), è stato appena pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica «Environmental Pollution» (https://doi.org/10.1016/j.envpol.2020.115471), leader nel campo delle ricerche sugli effetti dell’inquinamento su ambiente e salute.

La ricerca ha rivelato quello che in molti già temevano, ovvero che tra diversi fattori ambientali (come la presenza di contaminanti prodotti da industrie, allevamenti, traffico stradale, etc.), sanitari (come obesità, fumo di sigaretta, disponibilità di posti letto in ospedale, numero di tamponi effettuati, etc.) e socio-economici (come, ad esempio, il reddito medio annuale per famiglia), l'inquinamento atmosferico e il particolato fine (PM2,5) (molto più di altri inquinanti quali PM10, ozono, ossidi di zolfo e azoto, etc. ) sono risultati quelli più importanti nel predire gli effetti del Sars-CoV-2.

Il nuovo studio è stato in grado, inoltre, di rilevare come sei province abbiano registrato eccessi di mortalità rispetto a quanto predetto dal modello di intelligenza artificiale: 5 province del nord Italia (Cremona, Lodi, Piacenza, Bergamo e Brescia) hanno mostrato un eccesso di casi rispetto a quelli previsti dal rispettivo livello di inquinamento, confermando che altre cause locali e addizionali hanno aggravato gli effetti sanitari del coronavirus. Al sud, invece, la provincia di Siracusa su tutte, seguita da quelle di Taranto, Trapani e Agrigento hanno mostrato una carenza di casi osservati rispetto a quelli attesi, risultato che dovrebbe stimolare gli amministratori locali a ridurre l’inquinamento atmosferico delle province amministrate per contenere il rischio, immediato e futuro, di aggravare gli effetti delle epidemie respiratorie.

Il lavoro è il frutto di un team internazionale costituito dai biologi dott. Roberto Cazzolla Gatti (professore associato presso la Tomsk State University in Russia e research fellow del Konrad Lorenz Institute for Evolution and Cognition Research in Austria) e dott.ssa Alena Velichevskaya (ricercatrice della Tomsk State University in Russia) e dai fisici dell’Università degli Studi di Bari e della sezione di Bari dell’Istituto di Fisica Nucleare dott. Nicola Amoroso, dott. Alfonso Monaco e dott. Andrea Tateo.

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